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EDOARDO RASPELLI, L'UOMO DAL PALATO D'ORO

Edoardo RaspelliEdoardo Raspelli è, da sempre, il critico gastronomico più severo d'Italia. Ha iniziato la sua carriera al Corriere della Sera, occupandosi di cronaca nera e poi la svolta, che lo ha portato a diventare uno dei più autorevoli esploratori del gusto. Specializzatosi in gastronomia e difesa del consumatore ha esordito con Gault e Millau. Hanno lavorato insieme per quattro anni e hanno pubblicato la Guida d'Italia. In televisione ha iniziato nel 1984 come consulente di "Che fai, mangi?" la trasmissione di Rai 2. Successivamente ha condotto: La Buona Tavola, con Anna Bartolini e Star bene a tavola con Carla Urban e ha collaborato alla rubrica Eat Parade del TG2. Per cinque anni, fino al 2001 è stato curatore della Guida dei ristoranti d'Italia dell'Espresso, firmando anche la rubrica "Il Goloso". Ogni settimana presenta la puntata domenicale di Melaverde con una pagina intera sul settimanale televisivo, OndaTV (esce ogni giovedì con Il Giorno, La Nazione, Il Resto del Carlino) e con Tele secolo (abbinato al Secolo XIX di Genova). Per La Stampa ha pubblicato nel 2001 un libro dal titolo Il Raspelli. Mentre nel 2004 è uscita la raccolta ItaliaGolosa edita da Arnaldo Mondatori. Dal 1998, tutte le domeniche alle 12.10, su Rete 4 conduce, con Gabriella Carlucci, Melaverde, uno dei programmi di maggior successo della rete. Le sue critiche su ristoranti e alberghi escono tutti i giovedì sul quotidiano La Stampa.
Alessandra Capato, coordinatrice editoriale di Onda Tv, lo ha intervistato per noi.
E' uscito da poco il suo libro, L'Italia in tavola, dove si parla di cuochi e non di ristoranti.
Rispecchia la filosofia di Melaverde, il mio programma tv, che va alla scoperta del territorio e delle tradizioni. Ho coinvolto 51 cuochi e altrettanti ristoranti, non sono i più famosi ma quelli dove si può mangiare il piatto di quel territorio. E parlando con Antonio Santini, patron del Pescatore, il ristorante mantovano a Canneto sull'Oglio, mi ha raccontato che lo chef svizzero Freddy Girardet gli ha confessato che...
Girardet non è definito dai colleghi il "cuoco del Secolo"?
E' diventato celebre nel mondo per i suoi piatti che sono stati pluripremiati, e il ristorante che aveva a Losanna era uno dei migliori al mondo. Lui ora è in pensione. Beh, ha detto a Santini: "Voi italiani state distruggendo la vostra cucina". Se si è accorto uno svizzero, vuol dire che siamo messi male.
Nasce da qui l'idea del libro?
E' un grido di allarme. Ho preso l'ispirazione da Anna Gosetti della Salda, che nel dopoguerra riportò a nuova vita la rivista Cucina Italiana, nata nel 1929 e chiusa durante il conflitto mondiale. Portò in redazione il cuoco e ogni ricetta che veniva pubblicata sul mensile veniva provata e riprovata. Apparvero poi nel suo volume, Le Ricette Regionali Italiane: è la summa della tradizione dell'Italia a Tavola, quella delle nonne e delle mamme. Oggi le donne non cucinano più: al massimo scongelano un piatto e in 40 minuti al giorno risolvono pranzi e cene.
Ha avuto difficoltà a trovare gli chef?
Non potendo copiare la Gosetti, mi sono rivolto a quelli che fanno ricerca di prodotto, che preparano i piatti legati al passato e che li tengono sempre in menù. Mi sono fatto dare otto ricette da ogni cuoco per alternare un menù autunno-inverno e uno primavera-estate. E' stato un lavoro meticoloso, di grande controllo.
Cosa sta succedendo nelle cucine?
Stiamo andando alla deriva. La globalizzazione ha uniformato tutto: la materia prima è uguale ovunque. Il problema è che nella ristorazione arrivano solo alcuni prodotti, comprati per catalogo o via internet. I tagli della carne sono gli stessi: ci sono le costolette di agnello ma la testina, come la facevano in Puglia e in Sardegna, è introvabile. Ingredienti omologati e stesse presentazioni: velette di mele disidratate, bicchierini con assaggini, cucchiaini come piatti,....non se ne può più.
A Los Angeles sono stati proibiti i fast food: l'obesità è considerata una malattia sociale.
Anche l'alimentazione degli italiani di città è sbagliatissima. Io pure ingurgito calorie più del dovuto ma è per lavoro. Un tempo, soprattutto nella campagna povera, essere grassi era simbolo di ricchezza. Oggi al contrario si è troppo ricchi e si mangia troppo e male.
Ci tolga qualche dubbio sul biologico: è un bluff, un business o una presa in giro?
Chi comanda sono gli investitori pubblicitari che dettano regole e condizionamenti. Quindi l'informazione è tutto e il contrario di tutto. D'altro canto io non sono medico e posso solo dire che apprezzo il gusto delle cose semplici. Preferisco le mele un po' ammaccate ma che hanno sapore. Quelle che si trovano al supermercato per 12 mesi non sono un bel segnale: vuol dire che sono state messe in magazzini dove è stato tolto l'ossigeno e rimane l'anidride che è un grande conservante. Quando poi le lasci fuori un giorno marciscono subito. Se posso, mangio biologico senza fanatismi. Le piccole aziende biologiche non possono competere con i colossi industriali.
Facciamo un po' di chiarezza sulla cucina destrutturata e molecolare. Cosa significa?
Sono delle tecniche. La prima è più semplice e scompone il piatto nei suoi ingredienti. Per esempio: la zuppa inglese io l'ho mangiata unendo un rombo di gelatina di alkermes, accompagnato dal cioccolato e un quadretto di pan di spagna. Sciolti in bocca gli ingredienti mi hanno dato la sensazione di una zuppa inglese classica. E' una cosa diversa. Non ho pregiudizi. Per quanto riguarda quella molecolare, dove è necessario il laboratorio di fisica, mi sembra una complicazione inutile anche se non l'ho provata. La cucina deve essere fatta di cose che si mangiano. Per fare il pesto non è necessario il mortaio, si può fare tranquillamente con il frullatore.
Non molto tempo fa, Time ha stilato una classifica dei Sessanta Eroi del Ventesimo Secolo: uno è Paul Bocuse.
Non saprei cosa dire. L'ultima volta che sono andato da Bocuse è stato una quindicina di anni fa. Fui soddisfatto di aver mangiato i suoi piatti e mi ricordo di aver dato un voto buono ma medio. Lui rispose in modo signorile così: "Non a tutti piace lo stesso maglione ma è un buon voto".
Molti chef aprono succursali e fanno consulenze con risultati non proprio esaltanti.
Vuol dire che raschiano il barile. Quando non c'è lo chef in cucina il ristorante non può funzionare. Le consulenze hanno una valenza economica e fanno bene a farle ma non si possono fare scelte contro la qualità. Solo per il mercato.
Secondo la sua personale classifica chi è il più bravo?
Per me ancora Gianfranco Vissani: è l'unico che da venticinque anni mi dà delle emozioni. Dirige la brigata in cucina in modo eccellente. Vedendo i suoi menù ti sembrano abbinamenti folli ma poi quando li assaggi ti rendi di cosa sia riuscito a fare. A volte esagera e mette troppe cose: nella Grande Cucina il mio motto è togliere.
Mi spieghi il proliferare di tanti gourmet.
Da un po' di tempo sono di gran moda il cibo e la cucina. Tutti ne parlano. E' chiaro che non ho il pallino di essere solo io il più esperto e grande intenditore, ma il palato è un dono: o ce l'hai oppure no. E non solo, ma va esercitato e farlo costa. Faccio un esempio: se hai sempre mangiato branzino di allevamento e mai quello di mare, che costa otto o dieci volte tanto, non puoi capire la differenza. In assoluto neppure io saprei identificare il caviale, ma in una degustazione comparata tra quello iraniano e russo saprei dire le differenze e quale sia il migliore. Il mio palato è assicurato per 500.000 euro e un motivo c'è. Il cibo e il vino sono ormai argomenti da bar, come parlare di governo, di calcio e decidere la formazione della squadra. Così la gastronomia diventa la stessa cosa.
I Doner Kebab sono una buona alternativa per la pausa pranzo?
Io adoro il kebab, il cous cous sia di pesce che di carne di montone e in generale la cucina magrebina. Il problema è che la carne arriva surgelata dalla Germania e non si sa come sia stata conservata e poi non tutti lo sanno fare bene.
Parlando di stelle ci possiamo fidare di quelle assegnate dalla guida Michelin?
Come ho già scritto io e anche Marco Gatti dico "Non bisogna fidarsi". Abbiamo pubblicato gli elenchi degli ispettori, sono 10 o 12 e con i prezzi che aumentano diventa difficile girare tutti i posti e poi dare le valutazioni. Se si prende e si apre la guida del 2007, si può verificare che sono recensiti 4500 alberghi e 2700 ristoranti. C'è da chiedersi: come fanno a visitare i locali? Ciò significa che dovrebbero aver dormito in due alberghi per notte. In realtà bisognerebbe anche dimostrare cosa varia nell'assegnazione del millesimo di voto. Per esempio, l'Hotel Luise di Riva del Garda sembra un albergo familiare ed invece è un parallelepipedo moderno con ascensore in plein air, insomma un' altra cosa. Non ci andavano da dieci anni. Stessa cosa per l'Hotel Palace di Milano Marittima. Si legge: "è' situato in un quartiere commerciale" mentre è vicino al mare.
La Francia è ancora un modello di cucina di riferimento?
La ristorazione italiana è nata negli anni Sessanta mentre in Francia la ristorazione di massa risale al 1789. La DOC (Denominazione di Origine Controllata) in Italia esiste dal 1963 e l' Appellation d'Origine Controlèe in Francia è dal 1855: insomma noi siamo in ritardo di 107 anni. C'è un mercato e cultura diverso: i francesi non vedono l'ora di andare al ristorante e sono disposti a spendere anche 500 o 600 euro.
Ferran Adrià è considerato un artista ed è arrivato a Documenta, la vetrina artistica di Kassel.
E' famoso per le sue uscite. Basta che faccia una cosa e sembra che la Spagna ci dia del filo da torcere. Le sue invenzioni non sono cucina ma sperimentazione. Poi ci sono sempre quelli che seguono il filone.
Banalità nel piatto: prima erano la ruchetta, il salmone,.....
Altri simboli della banalità sono lo storione e lo spada affumicato che di solito sono quelli in busta come i salumi, assolutamente da evitare. L'aceto balsamico dell'industria che guarnisce i piatti, il culatello stagionato poco e tutte quelle decorazioni inutili nel piatto.
Il suo piatto preferito?
Un piatto di gamberoni di Sicilia da mangiare crudi, buoni come quelli di Anzio, Viareggio o Sanremo.
Secondo lei chi sono i ristoranti o gli chef sopravvalutati?
Carlo Cracco separatosi dal Ristorante Peck di Milano e Moreno Cedroni del Ristorante Madonnina del Pescatore a Senigallia.
Mentre i sottovalutati?
La Taverna del Capitano di Massa Lubrense è famosa ma non come dovrebbe esserlo; il ristorante Pinocchio di Borgomanero e quel piccolo splendore di posto ruspante che è il ristorante Edelweiss a Viceno nella sconosciuta provincia di Verbania.
Ha degli amici tra gli chef?
Il critico è solo e deve essere solo. Con qualcuno ci sentiamo ma ho paura di approfondire l'amicizia perché priva della libertà di giudizio.
Un peccato di gola inconfessabile?
Non è un vero peccato di gola ma è sicuramente un piatto curioso: in alta montagna ho mangiato la marmotta, era in brasato cotta molto a lungo. E' un animaletto dal muso simpatico ma pochi sanno che è molto feroce.
Nel tempo libero cosa fa?
Non ho quasi mai tempo libero e poi sono molto pigro. Mi piace leggere e magari guardo alcuni programmi in tv che mi piacciono come CSI e Doctor House. Ma il mio vero divertimento è leggere i giornali anche in vacanza: 7 o 8 quotidiani al giorno e cliccare il sito di Dagospia.
Domanda di riserva: la televisione. Come va Melaverde?
Simo alla decima edizione. Sono passati un po' di anni. Il programma è partito il 20 settembre del 1998, io sono arrivato dopo qualche settimana e all'epoca la rete mandava in onda un film che riempiva il buco di mezzogiorno e non superava il 2 per cento di share. Piano piano abbiamo rosicchiato sempre di più e ora siamo arrivati al 13 per cento con un milione e 800mila telespettatori. Cifre da capogiro che raggiungono punte del 22 per cento. Il pubblico ama questa trasmissione e ci guarda anche a Ferragosto.
Lei e la sua troupe molto spesso siete dalle parti di Mantova e provincia.
E' una delle capitali della gastronomia e la patria dell'allevamento suino di qualità. Le cosce di questi maiali servono per preparare i prosciutti migliori, il salame profumato di aglio e tante altre leccornie. Una nota di merito va al direttore, Romano Gandossi che grazie anche al suo amore per la buona cucina, ci riserva sempre uno spazio per Melaverde sulla Voce di Mantova. La stampa locale parlando di noi ci porta tanti telespettatori.
E' una bella soddisfazione.
Quando sono in giro mi capitano delle cose bellissime. Ho delle dimostrazioni d'affetto inaspettate. Qualche settimana fa, per la Fiera Nazionale del Fungo Porcino, mi sono arrampicato fino ad Albareto in provincia di Parma e sono stato accolto dal Paese a braccia aperte: le vie erano tappezzate di cartelli rossi, gialli e verdi con scritto "Benvenuta Melaverde". Succede solo al Giro d' Italia. E' significativo del piacere che diamo al pubblico, raccontando realtà anche meno conosciute. La trasmissione, contrariamente a quello che si pensa, non è affatto di gastronomia.
Alessandra Capato

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