LA MADONNA DEL TERREMOTO
- Dettagli
- Scritto da Marco Morelli
A Mantova piazza Canossa ha tutto quello
che le serve: un palazzo nobiliare, un portico
scenografico, un'edicola, una fontana e una
chiesetta piccola e preziosa. Si chiama Madonna
del Terremoto e racconta una storia di
devozione che ha coinvolto intere generazioni
di mantovani. Edificata nel 1759, ricorda un
terremoto che scosse la città nel 1693 ma,
soprattutto, la fiducia dei cittadini in un'immagine
della Madonna apparsa quasi per caso
su un muro scrostato.
LA STORIA DEL TERREMOTO
Era il 6 luglio 1693, un lunedì. Verso le dieci
del mattino, una serie di scosse colpì Mantova.
Il cronista settecentesco Federigo Amadei,
che all'epoca aveva solo nove anni, scrive:
"Non vi fu chi non tremasse atterrito, chiedendo
misericordia a Dio". Per fortuna, niente
vittime. Ma lo spavento fu tanto e bastò a far
nascere una devozione popolare che si sarebbe
radicata nel tempo. In particolare, un
sarto, Pietro Stefani, vide cadere l'intonaco
della propria casa in Vicolo Viole (oggi via Pastro)
e apparire sul muro un'immagine della
Madonna e invitò alcuni passanti spaventati a
pregare la Vergine. Da lì partì tutto: prima una
semplice edicola, poi una cappella di legno, e
infine, grazie alle offerte dei devoti, la chiesa
che vediamo oggi. LA FACCIATA DELLA CHIESETTA CON
LA LAPIDE E IL TERREMOTO IN AZIONE
La facciata guarda la scenografica Piazza
Canossa, sistemata dai marchesi veronesi
omonimi che vi si stabilirono nel Seicento. La
chiesetta è stato il penultimo elemento ad arrivare
prima dell'edicola. L'edificio è a un solo
ordine, con due colonne e due lesene dotate
di capitelli corinzi. Sopra il portale, decorato
da melograni simbolo di unità, si trova una lapide
con l'iscrizione latina: "A. Solo Excitauit
Pietas MDCCLIX" ovvero: "La devozione eresse
dalle fondamenta 1759", un omaggio ai
cittadini che la resero possibile. Poco più in
alto, un bassorilievo in stucco sembra mostrare
la città durante il terremoto: si riconoscono
le onde che sollevano gli edifici e tutta la città
che va a soqquadro.
L'IMMAGINE DELLA MADONNA
CON IL BAMBINO TRA I SANTI
Quando si entra in chiesa ci si trova in un'aula
unica che termina in un piccolo presbiterio
protetto da una balaustra lignea e da una
cancellata in ferro battuto. Al centro dell'altare
maggiore, incastonata nella macchina
marmorea, la protagonista: l'immagine della
Beata Vergine del Terremoto. Si tratta probabilmente
di una tempera su muro che si trova
ancora sulla parete della casa del sarto Stefani. Maria tiene in braccio il Bambino, mentre
ai lati compaiono due santi. A sinistra, senza
dubbio, c'è San Rocco con mantello da pellegrino
e conchiglia di San Giacomo; a destra,
molto probabilmente, San Giuseppe, anche
se alcuni antichi testi parlano di San Giacinto.
Gli sguardi dolci e rivolti ai fedeli creano un
dialogo diretto, semplice ma intenso.
I DUE QUADRI DI GIUSEPPE BAZZANI
Sui lati lunghi della navata si trovano due riproduzioni
fotografiche delle tele originali realizzate
da Giuseppe Bazzani, oggi custodite
al Museo Diocesano. Il pittore mantovano, nel
1759, aveva più di settant'anni ma riesce ancora
ad esprimere tutta la sua forza espressiva.
A sinistra dell'altare, la Natività: la scena è
intima, il Bambino è adagiato su un telo bianco che anticipa quello della Deposizione, posta
sulla parete opposta, dove Cristo viene calato
dalla croce. Luci teatrali in un confronto a
distanza tra la nascita di Gesù con la Vergine
che lo osserva con uno sguardo malinconico
che trova compimento nella scena della deposizione
dalla croce: Bazzani mette in scena la
devozione con lo stile drammatico che lo ha
reso celebre.
LE STATUE DELLE VIRTÙ CARDINALI
Quattro statue in stucco occupano le nicchie
angolari dell'aula. Sono le virtù cardinali, che
sembrano voler controbilanciare il caos naturale
del terremoto con i valori umani dell'equilibrio.
Ecco come riconoscerle: la Temperanza
ha in mano delle briglie, simbolo di autocontrollo;
la Fortezza indossa un'armatura e ha
una colonna accanto; la Giustizia porta una
corona e, anche se la spada è andata perduta,
resta l'elsa. La Prudenza è forse la più originale,
con un serpente in mano e un cranio
sotto il piede. Tutte e quattro sono figure femminili
eleganti, in posa classica, incorniciate
da colonne corinzie che rendono la decorazione
della chiesa ancora più mossa.
I CAPITELLI IN STUCCO DECORATO
Nella Madonna del Terremoto i dettagli contano.
I capitelli interni, realizzati con gusto e
inventiva, vanno oltre il classico fogliame di
acanto. Nascondono ma non troppo simboli
suggestivi: una stella, un trono o cattedra vescovile,
la prua di una nave o di un'arca e la
facciata di una chiesa. Questi simboli si ripetono
simmetricamente sui lati della navata e
meritano un occhio attento perché è difficile
coglierli a prima vista.
IL CAMPANILE A VELA
L'ultimo dettaglio curioso della Madonna del
Terremoto è il piccolo campanile a vela che si
può vedere a sinistra della facciata. E' probabilmente
l'unico di Mantova e viene ricordato
anche in un testo del 1917 che descrive tutti i
campanili della città e le sue campane.
Oggi l'oratorio della Madonna del Terremoto si
anima durante il mese di maggio per la recita
del Rosario e il 6 luglio, giorno del terremoto
del 1693. Purtroppo nel resto dell'anno l'ingresso è chiuso da una cancellata per evitare
gli episodi di vandalismo che in passato avevano
messo in pericolo la chiesa e costretto
a spostare gli originali delle tele di Bazzani al
Museo Diocesano per proteggerlo.
L'apertura continuativa consentirebbe a Mantova
di riprendersi così un piccolo grande luogo
di arte, storia e fede. E, diciamolo, anche
una bella storia da raccontare ai passanti incuriositi.
Dal caos al cosmo.
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- Scritto da Marco Morelli
Metamorfosi a Palazzo Te
«Cinquecento anni fa due giovani uomini, il venticinquenne Gonzaga e il circa trentenne Giulio Romano, lasciano scaturire un’utopia artistica e politica, un’agenda culturale destinata a cambiare la storia dell’architettura e della pittura. Oggi Palazzo Te si istituisce come un luogo capace di ispirare sogni, visioni, creatività. Un luogo che da cinquecento anni è dedicato al “dare inizio”». Con queste parole il direttore della Fondazione Palazzo Te, Stefano Baia Curioni, spiega lo spirito con cui l’istituzione mantovana si appresta a celebrare il Cinquecentenario di questo luogo straordinario anche per la capacità di continuare a parlare al presente e di guardare al futuro.
Dal caos al cosmo. Metamorfosi a Palazzo Te è l’esposizione curata da Claudia Cieri Via, dal 29 marzo al 29 giugno 2025, concepita in dialogo con gli affreschi del palazzo per esaltare il senso e l’importanza di Palazzo Te come opera d’arte totale. Attraverso una selezione di capolavori del Rinascimento, con prestiti dal Museo del Louvre, l’Albertina di Vienna, il Museo del Prado, la Galleria Borghese e gli Uffizi, emergono in contrappunto gli innumerevoli riferimenti che possono scaturire da una lettura più approfondita dei tanti temi che il Palazzo custodisce.
Articolato in 8 sezioni il percorso espositivo presenta opere dello stesso Giulio Romano e di altri Maestri come Tintoretto, Correggio, Jacopo Zucchi, Rubens, Nicolas Poussin fino al contemporaneo Giuseppe Penone.
Il Cinquecentenario di Palazzo Te è promosso dal Comune di Mantova, prodotto e organizzato da Palazzo Te con il contributo di Fondazione Banca Agricola Mantovana e Fondazione Comunità Mantovana, con la media partnership di Gruppo Editoriale Athesis, con il supporto tecnico di Aermec, con il supporto di Amici di Palazzo Te e dei Musei Mantovani, in sinergia con Mantova città d’arte e di cultura.
Fino al 29 Giugno 2025
Mantova
Palazzo Te