NEL CAPPIO DEL CONSUMISMO

supermercato.donna Alcuni anni fa il terrore di una imminente crisi energetica innescò un asfissiante campagna votata al risparmio di materie prime, petrolio in primis, promuovendo le tecnologie più sofisticate per raggiungere tale scopo (impianti fotovoltaici, ecc.). Il petrolio a 150 dollari al barile (il barile è un'unità di misura, che per il greggio corrisponde a circa 140 kg), in prospettiva di raggiungere i 200 dollari secondo gli auspici di despoti e dittatori di noti Paesi produttori, pareva rappresentasse lo strangolamento dell'economia occidentale. Oggi il petrolio costa circa 30 dollari al barile, un quinto di quanto costava allora, e la stampa specializzata imputa a questo prezzo stracciato tutti i mali dell'economia stagnante. Risparmiamo parecchio per riscaldare la casa, risparmiamo di bolletta elettrica (le centrali funzionano a gas, che segue pari pari il prezzo del petrolio, quindi oggi a prezzo bassissimo), risparmiamo un sacco al distributore di benzina, e via dicendo, ma per l'Economia questo è un Male. Sì, perché i prodotti delle nostre industrie vengono acquistati prevalentemente dai Paesi emergenti, produttori di petrolio e materie prime, che impoveriti dai prezzi così bassi dei loro prodotti ora non guadagnano più, e non comprano più nulla. In poche parole le nostre industrie, per creare posti di lavoro e spingerci a consumare e dar slancio alle produzioni, devono sperare prima nei consumi delle enormi popolazioni dei paesi emergenti africani ed asiatici che ci vendono petrolio, gas, ferro, alluminio, e via dicendo. Insomma un cane che si morde la coda. Un chiaro quadro di come la vita sul Pianeta sia orchestrata dal consumismo avanzato, sul possesso di beni eccedenti quelli necessari ad una vita dignitosa, e questo sino a quando ci sarà materia "consumabile". Una corsa a chi venderà per primo a sette miliardi di persone il telefonino, lo scooter, l'auto, il forno a microonde, ecc., sperando che un consumismo trascini l'altro, per creare nuovo lavoro, nuove attività, nuova ricchezza. La pubblicità ci induce, tramite spot che trasmettono le immagini di esistenze perfette quanto irreali, a consumare sempre di più prodotti di cui non abbiamo alcun bisogno. Di più: essa non si limita a vendere prodotti, bensì propaganda sogni, modelli di vita (che attirano da noi milioni di extracomunitari!), da perseguire e imitare, pena un doloroso sentimento di inadeguatezza. Dal canto loro gli economisti ci assicurano che soltanto incrementando i consumi ricostruiremo un'economia sana e vincente. Intanto il nostro livello di consumi erode le riserve naturali del pianeta e mette probabilmente a rischio la vita sulla Terra entro la fine del nostro secolo. Se anche i Paesi in via di sviluppo adotteranno in futuro il nostro modello di consumo occidentale, non vi saranno materie prime accessibili per tutti, e il nostro sconsiderato consumismo aprirà scenari a dir poco inquietanti.